Questo articolo fa parte di una lunga ricerca realizzata nelle scuole dove ho lavorato e studiato problematiche e benefici legati ai percorsi di lettura, alle emozioni che la lettura suscita ai bambini, e nello stesso tempo, queste emozioni in relazione a sindromi molto frequenti nei bambini che frequentano la scuola: sindrome di disattenzione, autismo, ADHD. Buona lettura!
Le emozioni della lettura
Esprimiamo emozioni per scambiare informazioni con i nostri interlocutori. L’espressione delle nostre emozioni permette di tradurre uno stato interno in una manifestazione esterna visibile e riconoscibile. Ogni emozione ha delle caratteristiche espressive diverse che si declinano nei vari canali della comunicazione verbale e non verbale. Esprimiamo, fisiologicamente in modi differenti, emozioni come la paura, la gioia, la rabbia e la tristezza, la sorpresa e il disgusto. Da piccolissimo il neonato ha un solido equipaggiamento per poter comunicare i suoi stati emotivi. Il bambino dimostra la sua capacità di interagire, a partire dai dialoghi preverbali, attraverso le espressioni facciali e gestuali è in grado di sintonizzarsi con le espressioni emotive di chi si prende cura di lui in modo da produrre risposte reciproche e coordinate.
Tutti
gli studi concordano nel ritenerlo in grado di utilizzare il proprio codice
comunicativo. Accanto alla comunicazione non verbale, un canale comunicativo
per trasmettere messaggi emotivi è
costituito dalla parole. La possibilità di rappresentare l’esperienza emotiva
tramite parole, ma anche con immagini e simboli permette il raggiungimento, di
due obbiettivi: la comunicazione ad altri del proprio vissuto aldilà di limiti
di tempo e di spazio e una
rielaborazione del vissuto stesso grazie all’uso di rappresentazioni mentali.
L’utilizzo del linguaggio sulle emozioni implica la capacità cognitiva di
utilizzare immagini o rappresentazioni mentali al posto delle azioni. Quando un
bambino comunica verbalmente” sono arrabbiato” invece di dare calci o
picchiare, segnala di essere in grado non solo di vivere l’emozione ma anche di
essere consapevole dell’idea di
quell’emozione.
E’ alla fine del secondo anno di vita che i bambini cominciano a usare le parole per definire le emozioni e il lessico emotivo viene utilizzato per ottenere soddisfazione di bisogni e desideri. Tra il secondo e il terzo anno si osserva una espansione del vocabolario emotivo, nei loro discorsi emotivi i bambini iniziano a collegare la categoria emotiva con l’evento che l’ha provocata. Le norme sociali e culturali che indicano come esprimere/non esprimere specifiche emozioni nelle diverse situazioni sono state denominate da Ekman regole di esibizione queste interagiscono con i programmi espressivi innati e vengono apprese durante il processo di socializzazione variando a seconda della cultura di appartenenza. Le regole sono di diverso tipo possono implicare l’enfatizzazione delle emozioni provate, la riduzione dell’intensità o la necessità di nascondere un’emozione o di mascherarla con un’altra.
E’ dimostrato che durante i primi due anni di vita i modelli di espressione
emotiva stabili e differenziati sono da ricondursi a caratteristiche di
temperamento influenzate dalla socializzazione e dall’apprendimento all’interno
del contesto familiare. Il modo in cui i genitori esprimono le loro emozioni
influenza i modelli espressivi che i bambini adotteranno in maniera permanente.
I genitori sono gli unici socializzatori emotivi e come gli adulti significativi assumono il ruolo di
modelli espressivi prevalenti. E’ all’interno dei contesti familiari tramite i
dialoghi quotidiani che i bambini
imparano ad esprimere emozioni con le parole . Il dialogo emotivo:
- Permette di comunicare chiaramente i propri stati interni e i
propri comportamenti in situazioni specifiche
- Consente di andare oltre il qui e ora permettendo una
rielaborazione dell’emozione stessa
- Permette una ricca comunicazione attraverso proprietà para linguistiche come l’intonazione o
linguistiche
Attraverso
i dialoghi emotivi, si trasmettono idee su quanto è appropriato esibire una
determinata emozione.
Vi
sono 4 modelli di emotività espressa che contribuiscono al clima famigliare:
- monopolistico , prevale una sola emozione dominante
- Intrusivo dove si ha una emozione dominante che in particolari
situazioni viene soppiantata da un’altra
- Competitivo, i due genitori sono caratterizzati da due emozioni
dominanti diverse
- Emotivamente equilibrato entrambi i genitori mostrano una ricca e
variegata espressività emotiva, di conseguenza anche i bambini saranno
liberi di manifestare una ampia varietà di emozioni in base alla
situazione
I
genitori offrono a maschi e femmine un diverso tipo di allenamento emotivo. Le
femmine fin dall’età prescolare sono
portate ad esprimere emozioni che supportano legami interpersonali,
ponendo i propri bisogni in secondo piano, si tratta di emozioni definibili
“submissive” come la tristezza e l’ansia. I maschi invece tendono a manifestare
emozioni definibili “disarmoniche”; come la rabbia che indicano motivazioni a
perseguire scopi personali anche a spese degli altri e che non contribuiscono
al mantenimento di rapporti sociali armonici.
Le
emozioni non vengono solo , espresse nei diversi canali vanno anche comprese.
La comprensione delle emozioni è un aspetto significativo della competenza
emotiva e della comprensione della mente. Per comprendere le emozioni i bambini
devono poter intuire che tutti gli individui possiedono stati mentali
differenziati e che quest’ultimi possono
essere conosciuti . Cioè devono avere un abbozzo di teoria della mente,.
vale a dire la capacità di attribuire a
sè e agli altri degli stati interni su cui ci si può basare per interpretare i
comportamenti, individuando le motivazioni sottostanti alle azioni delle
persone. Nella comprensione emotiva il ruolo dell’adulto è fondamentale, sia in
relazione alla promozione della più generale comprensione degli stati mentali
sia in quella delle emozioni nelle sue diverse forme. A partire dalla prima
infanzia sono ravvisabili differenze individuali della comprensione emotiva
legante in parte alle sviluppo cognitivo ( in particolare il linguaggio ) e in
parte dall’ambiente affettivo e di supporto offerto dagli agenti
socializzatori.
Esiste
uno stretto legame tra RELAZIONE-EMOZIONE-E COMPRENSIONE DELLA MENTE. La
socializzazione emotiva che è a carico dell’ambiente è parte della competenza
emotiva così come la regolazione emotiva. L’intervento dell’adulto nella
regolazione emotiva ha come obbiettivo quello di far comprendere che ogni
emozione è legittima. L’emozione in sé non è buona o cattiva, diverso discorso attiene al
comportamento per esprime le emozioni. Il bambino deve imparare a discernere
tra emozione provata e reazione manifesta. L’adulto deve aiutare il bambino a
imparare a regolare il proprio comportamento, diminuendo dove necessario la
propria attivazione emotiva al fine di incanalarla in comportamento socialmente accettabili. La
promozione della competenza emotiva trova
terreno fertile nei contesti educativi. Quando gli educatori insegnano
ai bambini le abilità chiave per esprimere, comprendere e regolare le emozioni
facilitano l’aumento delle loro abilità sociali e del benessere personale e la
diminuzione di problemi comportamentali. La narrazione e la lettura di storie
costituisce un ottima base per parlare di emozioni. Ha una funzione di
alfabetizzazione emotiva che è complementare alla socializzazione emotiva genitoriale.
Leggere è indubbiamente un modo per provare emozioni. La domanda a questo punto è :Che differenza c’è tra noi , le nostre vite e le storie che raccontano i libri? E’ l’interessante interrogativo che si è posta Carola Barbero nel suo saggio La biblioteca delle Emozioni: leggere romanzi per capire la nostra vita emotiva. La risposta è facile perché la differenza è enorme. E cosa c’è di bello nei libri? Molte cosa ma di rilevante c’è che i personaggi che abitano nei libri a differenza di noi , che nasciamo , viviamo e moriamo, una volta nati sono eterni. Lo stesso Amos Oz quando era piccolo a chi gli chiedeva che cosa vuoi fare da grande ? rispondeva che voleva diventare un libro, perché i libri non muoiono mai, sono eterni. Se per esempio ci capitasse in mano una vecchia foto di come eravamo ragazzi ci accorgiamo di come il tempo ha lasciato le sue tracce, invece i personaggi dei libri sono immutabili. Alice non invecchia mai, di certo non ha il problema della cellulite o delle rughe, per non parlare del Principe Azzurro a cui non cresce la pancetta. Quindi diventare un libro è certo auspicabile visto le promesse di eternità che contiene. Il libro è uno scrigno magico all’interno del quale ci sono tutte le emozioni che possiamo provare una volta preso il via il processo di identificazione con i protagonisti della storia.
Mentre seguiamo le vicende dei personaggi noi da un lato ci liberiamo di certe emozioni, nel senso che le proviamo, ma dall’altro abbiamo la serenità tipica di chi gode del sublime, del fantastico di una tempesta sul mare stando a terra al riparo. Così possiamo capire , pensare, mentre vediamo l’effetto che fa. Possiamo riflettere calibrare le nostre reazioni. Studiare le possibili vie di fuga. Fare esperimenti emotivi. Vale a dire provare a studiare le proprie reazioni emotive in un luogo sicuro protetto. Invece di impiegare tempo e energia, possiamo decidere di sperimentare certe emozioni leggendo un libro o guardando un film, in qualche modo esercitandoci a provarle, imparando a conoscerle. Perché le emozioni per essere comprese devono essere provate. Leggendo un romanzo vediamo per esempio, come sono e che cosa fanno le persone tristi o innamorate ci identifichiamo con loro, patiamo con loro al tempo stesso ne studiamo gli stili le tecniche i trucchi. La potenza della storia è la potenza dell’esempio.
A lungo si è pensato che le Emozioni fossero delle illustri sconosciute che si presentavano all’appuntamento con la lettura un’attività al contrario ritenuta cognitiva. Abbiamo capito da tempo l’importanza delle emozioni, ed è interessante allora riflettere sul valore “emotivo” dei libri e della letteratura. I ricercatoti dell’istituto Nazionale di Neuroscienze di Torino sostengono che la letteratura costituisca un insieme di raffinati esercizi di abilità sociali da sottoporre ai bambini: esposti alla gamma infinita di emozioni comprese nelle storie, essi apprendono ad adattarsi a un habitat relazionale complesso e a prepararsi ad azioni legate a obbiettivi rilevanti, ostacoli, sconfitte, dilazioni. Forse si dovrebbe parlare di un vero e proprio repertorio emotivo , che grazie alle narrazioni cui sono esposti, consente ai lettori bambini e adolescenti di estrapolare schemi procedurali o modi di agire per far fronte agli avvenimenti mantenendo lo status quo ( felicità )o cercando di modificarlo (rabbia) , immobilizzandosi (paura) o congelandosi entro se stessi(tristezza). Lisa Whalen, ricercatrice di Letteratura inglese si è occupata di dimostrare come la lettura di narrazioni faciliti lo sviluppo socio-emotivo consentendo ai lettori di simulare, di fare pratica di interazioni spendibili nel mondo reale.
Le narrazioni che sono le forme più antiche di comunicazione umana sono particolarmente efficaci per la costruzione di relazioni, perché oltre a fornire delle conoscenze fattuali, permettono ai lettori di simulare le esperienze dei protagonisti finzionali. I lettori simulano le esperienze dei personaggi in maniera così completa da creare vere e proprie habitat d’ invenzione, di cui essi stessi diventano gli abitanti; identificandosi nei protagonisti, i lettori ricordano molto meglio ciò che leggono e i loro neuroni a specchio “sparano “ con maggiore efficacia riscrivendo la storia secondo un punto di vista ancorato a quello del protagonista. In breve , oggi sappiamo che restando consapevoli di essere al di fuori del mondo funzionale, i lettori ricreano mentalmente quei mondi e diventano letteralmente il personaggio e questa esistenza in partita doppia risulta assai importante in termini di acquisizione di competenze socio-emotive.
Perché si legge?
Perché leggere è un ‘attività piacevole. Non c’è dissociazione o opposizione
tra la componente affettiva cioè il piacere e la componente cognitiva. La
lettura però genera un tipo di piacere molto speciale che consiste
nell’incontro tra l’architettura dei contenuti della mente e la narrativa. Quando leggiamo proviamo diversi tipi di
piacere :
1-Un piacere legato al riconoscimento di strutture narrative,
per esempio quando ci si accosta a una lettura che per stile, contenuto o
genere è molto familiare
2- UN piacere
dovuto alla frequentazione di
atmosfere calde semplici rassicuranti. Il lieto fine è importante per il
piacere: si è disposto a identificarsi con personaggi che ne passano di tutti i
colori , purché sia garantito il successo finale. E’ questo che procura piacere oltre alla speranza per
il buon esito finale che ha accompagnato tutta la lettura.
3- piacere del l’eccitazione; il romanzo giallo , la
rappresentazione di situazioni di pericolo
e di avventura inducono nel
lettore uno stato emotivo caratterizzato da tensione e eccitazione che vengono
cercate in quanto stimolanti. Questa condizione giustifica anche la ricerca di situazioni negative, che non si
vorrebbe spontaneamente sperimentare nella realtà perché troppo intense.
4- piacere di vivere virtualmente esperienze impossibili.
la fantascienza è tipica di questo piacere.
5-Piacere dell’avventura: piacere di vivere in modo intenso
e senza alcun rischio personale emozioni che nella vita reale non ci
concediamo. E’ il piacere di allontanarci dalla realtà di vivere una vacanza
dello spirito.
6- Piacere da curiosità soddisfatta: quando otteniamo una
informazione che è stata attesa a lungo , proviamo uno stato piacevole di
soddisfazione, è un piacere tanto maggiore quanto più l’informazione era
inattesa e imprevedibile.
7- Piacere da interesse appagato: proviamo piacere quando
possiamo intrattenerci con gli oggetti che tengono desto il nostro interesse.
8- Piacere dell’emozione estetica: è legato al modo in cui
avviene la narrazione che al suo contenuto ; il piacere di vedere espresse
percezioni. Pensieri, scopi ed emozioni che il linguaggio quotidiano fatica a
comunicare.
9- Piacere di essere testimoni di opere della creazione umana,
quando si prende in mano un romanzo che
si sa essere un capolavoro della
letteratura.
10- Piacere della conoscenza, è legato alla sensazione di
veder aumentate le proprie conoscenze, è il piacere della competenza quando
riteniamo che la lettura ci renda migliori , più colti, più informati
11- Piacere associato alla bravura altrui all’autocompiacimento nel saperla riconoscere
12-Piacere della identificazione con i personaggi: è
esperienza comune che i personaggi suscitano in noi un bisogno di
identificazione in particolare se sono personaggi positivi con i quali crediamo
di condividere esperienze, scopi, concezioni della realtà.
13- Piacere di veder confermati i propri sistemi di valori o di
scoprirne di nuovi. Quando in ciò che leggiamo ritroviamo atteggiamenti,
punti di vista, credenze nelle quali ci riconosciamo che verranno arricchiti e
ampliati da quella lettura.
14- Piacere della rassicurazione. Si prova quando
osserviamo che anche gli altri provano emozioni simili alle nostre e hanno
desideri simili ai nostri. la letteratura in quanto rappresentazione della
vita degli esseri umani è lo strumento simbolico e Artistico attraverso il quale noi ci
avviciniamo a persone o personaggi messi a nudo nei loro desideri ed emozioni
in un modo che nessuna interazione reale consente.
Nei testi narrativi, la singolarità delle vicende narrate, le
caratteristiche di ciascun personaggio, e le sue reazione emotive possono
suscitare nel lettore risposte partecipatorie. Queste possono essere diverse in
funzione delle preferenze ed esperienze precedenti del lettore che partecipa
emotivamente alla vicenda del personaggio: il lettore non si identifica con
tutti i personaggi ma solo con quelli consonanti con le proprie concezioni del
mondo e del Sè. Quando il lettore percepisce una somiglianza con il personaggio
può provare un coinvolgimento che lo fa entrare nella vicenda, la vive
virtualmente, agisce in modo vicario attraverso le azioni del personaggio. la
risposta partecipatoria è una esperienza fondamentale nel campo della
letteratura e porta a una forma di piacere che consiste nella condivisione
dello stato emotivo dei personaggi. Il lettore quando oltrepassa la membrana
che lo separa dal mondo della narrazione entra in relazione con i personaggi
come se fossero vivi e palpitanti. Questa esperienza empatica è funzionale alla
felicità delle persone: è un sentimento che permette di uscire da sè stessi e
di vivere esperienze ed emozioni attraverso le esperienze e le emozioni di
qualcun altro. Il lettore si nutre della vita dei personaggi con i quali si
identifica e al tempo stesso l’identificazione rafforza la sua auto immagine e
lo rende più consapevole di sè.
Grazie a questo meccanismo, il lettore partecipa alla storia, non si sente solo un osservatore di vicende che accadono al di fuori di lui. E’ un fenomeno complesso perché oltre alla componente emotiva c’è ne è anche una concettuale, che consiste nel riconoscere come proprie le concezioni del mondo e del Sè alla quali il personaggio è ispirato. L’identificazione empatica si verifica nei confronti di persone e personaggi che esperiscono situazioni familiari; si è più empatici con persone della stessa età e dello stesso gruppo etnico. A volte le caratteristiche rispetto al quale il lettore si sente simile al personaggio sono chiare, altre volte sono impalpabili e difficili anche per il lettore da definire, a volte sono oscure e inconsapevoli a volte sono negate e inconfessabili. Si tratta comunque di caratteristiche che più o meno inconfessabili il lettore attribuisce a se stesso, o meglio riconosce nel personaggio come simili alle proprie.
Molte letture sono guidate anche dal bisogno o piacere di veder confermate le proprie concezioni o credenze che questo desiderio venga soddisfatto dal modo in cui i personaggi le rappresentano o le agiscono nella narrazione In quest’ottica la lettura può servire a rafforzare la propria identità sociale. La comprensione dei personaggi letterari si fonda sulle conoscenze necessarie a comprendere le persone reali. Lo strumento di tale comprensione è una teoria psicologica ingenua, che ciascuno sviluppa nel corso della sua vita attraverso le interazioni con gli altri. Questa teoria ingenua è un sistema di idee sostanzialmente spontanee, costruite dalle persone attraverso l’osservazione della realtà, usando la capacità di discernere tra persona e persona, tra evento e evento e dunque costruire categorie sulla base delle quali leggere e interpretare la realtà. Un elemento costitutivo della teoria psicologica ingenua è che le persone come i personaggi hanno desideri, sentimenti motivazioni e soprattutto intenzionalità; anche se nella narrazione la loro condotta è stata scelta da qualcun altro, l’autore, non possiamo impedirci di pensare che i personaggi costruiscono il loro stesso destino. L’attribuzione di intenzionalità è l’aspetto della finzione in cui si evidenzia il fenomeno della sospensione momentanea dell’incredulità: si sa che il personaggio è immaginario ma non si può fare a meno di attribuirgli tutte le caratteristiche degli esseri umani. E così il lettore si trova a incitare il personaggio a fare o non fare qualche cosa quando sa benissimo che il suo destino è già stato scritto, lo sa e se ne tenesse conto durante la lettura quel piacere che si fonda sul coinvolgimento e sulla identificazione empatica svanirebbe.
Conflitto e soggettività portano dentro la lettura una componente
affettiva: la lettrice partecipa alla storia di quei personaggi, scommetti su
di loro, assume i loro scopi, comprende i loro punti di vista e li confronta
con i propri, prende posizione con la sua soggettività produce delle valutazioni,
esprime delle preferenze, si coinvolge ha delle passioni. Attraverso la sua
valutazione sul conflitto la lettrice perviene al significato profondo, alla
sintesi costruttiva della narrazione, che disvela i termini entro i quali il
disequilibrio viene agito e patito. La narrazione è uno strumento di formazione
morale degli individui, presenta in modo esemplare le tensioni e le difficoltà,
mostra la necessità per gli individui di operare scelte fornisce un modello
dell’esperienza.
Le immagini sono un alfabeto
naturale e disponibile che aiutano a trasformare e rendere comprensibile
l'originario dell’ inconscio emotivo.
Ascoltando ciò che mi viene
narrato, creo immagini per spiegare concetti anche molto difficili, avvalendomi
dell'aiuto di queste per dar forma a similitudini e metafore.
L’immaginazione non
segue necessariamente la logica. Generalmente è legata alla nostra dimensione
affettiva, ai nostri sogni, alle intuizioni e alla nostra capacità di produrre
con il pensiero componenti semplici o complesse apprese con l’esperienza dei
sensi, sempre modificabili.
Ad essa è molto
connesso il potere creativo e trasformativo, indispensabile ad agire sugli
stati interni della mente come sui contesti esterni, cioè sull’ambiente e il
contesto.
Quando non possiamo
cambiare il mondo intorno a noi, dobbiamo cambiare la nostra percezione e il
nostro comportamento in relazione ad esso.
Come i bambini
ascoltano storie, usano la forza dell’immaginazione per raffigurarsi nella
mente luoghi, atmosfere, personaggi, suoni, odori e panorami, anche gli adulti
di ogni età possono essere aiutati in questo. Ciò che diventa visibile, un
immagine, acquisisce nuova forza nel potere riflessivo del cambiamento, perché
può essere pensato, quindi fatto proprio e nuovamente riusato, ricreato e
rimodellato.
Con il processo di
interpretazione delle parole e delle immagini, si fornisce una base di partenza
per accedere ai contenuti mentali che la persona porta, aprendo nello
stesso tempo una vasta gamma di possibilità di significati, di emozioni e di
esperienze.
La formazione del pensiero e lo
sviluppo mentale seguono processi simbolico-creativi che possono essere
ricondotti all’espressione artistica: come l’artista, mediante l’opera,
dà forma ai propri contenuti e questi, a loro volta, suscitano in chi osserva
l'opera pensieri ed emozioni, ugualmente l'uso di immagini in terapia aiuta a
creare concretamente possibilità di emozioni, pensieri e possibili strade di
cambiamento. Una relazione può essere metaforizzata a una cena, a una scalata,
a una barca ormeggiato o in balia delle onde.
Siamo fatti di storie? Confesso che l’affermazione di Jerome Bruner all’epoca mi aveva stupito. Poi pensandoci direi di sì, siamo fatti di storie. Ma siamo soprattutto individui che muoiono dalla voglia di raccontarle queste storie ; narrare è un’istinto naturale. Non solo per organizzare e comunicare l’esperienza umana ,funzione che avuto un significato adattivo ed evolutivo ma la propensione a raccontare a inventare narrazioni ha aiutato gli esseri umani a funzionare meglio come individui e come gruppi. Gli esseri umani sono creature legate alle storie che toccano praticamente ogni aspetto della nostra vita. Produciamo storie anche mentre dormiamo, i sogni cosa sono se non storie che viviamo in modo inconscio che a volete ricordiamo e raccontiamo e che ci aiutano a conoscere noi stessi e a narrare quella parte di noi più nascosta e sconosciuta. Raccontiamo storie fin da bambini, anzi direi che quella dell’infanzia è l’età dell’oro per ciò che riguarda la produzione di storie vere o finte.
Anche gli adulti però vivono di storie, passiamo molto tempo immersi in un universo di finzione che nel mondo reale ”nessun animale dipende dalla narrazione quanto l’essere umano , lo Storytelling animal.” Questo comportamento che ci porta a mettere al centro della nostra esistenza cose che non esistono è innato e antichissimo “ come dice Jonathan Gottschall. Perché? Sembra che raccontando storie ad esempio i bambini imparano a gestire i rapporti sociali, con la fantasia a occhi aperti esploriamo mondi alternativi che sarebbe troppo rischioso vivere in prima persona ma che sono utilissimi nella vita reale. E’ provato che la letteratura ci cambia in meglio. Qualsiasi insegnante sa che l’apprendimento ha successo quando ci sono mediatori narrativi che ne facilitano il processo di memorizzazione e comprensione. Il potere della finzione è la caratteristica che contraddistingue gli esseri umani, ci permette di vivere contemporaneamente più vite, accumulare esperienze diverse e costruire il proprio mondo con l’incanto dell’invenzione.
Quali sono le caratteristiche del pensiero narrativo? I racconti iniziano dando per scontata la normalità di una determinata situazione. Ma poi occorre che ci sia qualcosa di “imprevisto” perché vi sia un racconto. L’azione del racconto descrive i tentativi di superarlo di venire a patti con l’imprevista infrazione e con le sue conseguenze. E alla fine c’è un risultato, una soluzione. E’ necessario che ci sia un narratore e un oggetto che è raccontato e una coda , una valutazione retrospettiva di-che-cosa-il tutto -può significare che serve a riportare l’ascoltatore o il lettore dal di -là e -allora della narrazione al -qui e- ora in cui si narra il racconto. Il pensiero narrativo che così ben ci contraddistingue come esseri umani ha dimostrato di essere ben presente nel concetto di cura. Con il termine cura nel linguaggio corrente si intende l’insieme delle pratiche e degli strumenti terapeutici che si utilizzano per passare da uno stato di malattia a quello di salute, ma in verità in questo contesto prettamente medico sarebbe opportuno parlare di trattamento. Grazie però al pensiero di Heidegger il concetto di cura viene “adottato “ dalla riflessione e dalla pratica pedagogica. La cura è un aspetto universale della vita umana.
Fin dalla nascita abbiamo esperienza
di qualcuno che si prende cura di noi, e questo ci porta ad apprendere
quale sia il nostro posto nel mondo. Luigina Mortari analizza il tema della cura e le sue modalità di applicazione in ambito educativo , collocandola in un
contesto di autonomia e emancipazione di sicuro non solo di protezione. Sono importanti per i bambini le pratiche di cura
che ricevono ma anche quelle che elargiscono e la scoperta che ciò che si
riceve come dono all’interno di una pratica di cura e a sua volta ri-donabile.
Mortari
afferma che “una delle pratiche in
cui la cura evidenzia con la massima
intensità il suo potenziale affettivo
unito agli aspetti portatori di
emancipazione, autonomia e incremento delle risorse cognitive è sicuramente
quella in cui un adulto racconta
una storia ad un bambino” Proprio come nelle
prime esperienze di cura : allattamento, le coccole, il cambio , nella
relazione narrativa ci sono due elementi della cura primaria :
L’intensità
affettiva e sinestetica - nel momento in cui l’adulto racconta, legge un libro , narra una fiaba crea un mondo
di grande intensità emozionale , condiviso solo dai i protagonisti della relazione narrativa
I bambini si abituano a un prolungamento e a un differimento della gratificazione relativa al principio del piacere. L’attesa di una gratificazione immediata è sostituita da un ‘idea di piacere esteso nella successione temporale lineare e sequenziale. Attraverso il pensiero narrativo esperienze diverse e lontane nello spazio ,vissute direttamente o narrate possono essere messe in relazione tra di loro e raccolte all’interno della trama di un racconto. Qui collocate poi si dovrebbe cercare che cosa accomuna e cosa differenzia queste esperienze, le si dovrebbe organizzare secondo un qualche filo rosso che le interpreta così che narrare diventi esperienza di apprendimento emotivo e relazionale. Seguendo la traccia così ben delineata dal pensiero narrativo è logico capire come la Pedagogia Speciale ben accolga le istanze di cura ad esso connesse.
Cura educativa e approccio narrativo si legano indissolubilmente realizzando
un’ incessante dialettica di reciproche
conoscenze e possibilità per il miglioramento della qualità della vita delle
persone “diverse”. Quanto il pensiero narrativo possa incidere sulle
potenzialità cognitive di un minore diversamente abile è una zona di indagine
che solo da poco è al centro di diversi
studi. Parliamo di diverse disabilità che si possono avvantaggiare degli
aspetti di cura e di alfabetizzazione che il pensiero narrativo porta in sè
dispiegato in diversi modi e sotto
diversi aspetti .
Per esempio diverse ricerche
cliniche-pedagogiche hanno sottolineato
la stretta correlazione tra pensiero narrativo e autismo. Una delle
caratteristiche più evidenti
dell’autismo è il disturbo dell’interazione sociale. I bambini affetti da
questa sindrome possono non rispondere se chiamati per nome e spesso evitano lo
sguardo altrui , sembrano inconsapevoli dei sentimenti dell’altro e
dell’impatto del proprio comportamento sull’ambiente che li circonda. In particolare
è tra i tre e cinque anni che l’isolamento del bambino autistico è
particolarmente netto. I bambini con autismo sembrano meno “equipaggiati” degli
altri bambini per interagire socialmente. Hanno meno iniziativa, raramente
approcciano coetanei o adulti per condividere l’interesse per il gioco o
un’attività inoltre sembrano più interessati agli oggetti che alla persone.
Hanno difficoltà a capire i pensieri , le intenzioni e le emozioni di chi li
circonda. Non è che decidono di ignorare gli altri semplicemente gli stimoli
sociali come lo sguardo e la voce di un’altra persona non fanno scattare quella risposta di attenzione immediata come
ci aspetteremmo normalmente. Questo non gli impedisce di sviluppare emozioni
positive e attaccamento verso gli altri ; tuttavia la capacità di
sintonizzare il proprio comportamento
con quello degli altri e di partecipare a scambi interattivi è compromessa in
vari gradi.
Dopo i cinque anni si assiste a un miglioramento delle capacità sociali, benché l’introiezione di come ci si comporta in modo appropriato nelle situazioni sociali , rimanga per questi bambini un apprendimento molto difficile . I bambini autistici anche quando acquisiscono un linguaggio, in genere con ritardo, non lo fanno per comunicare. Parlano di un ristretto numero di argomenti non mostrando considerazione e nessun interesse per l’interlocutore. Ciò che risulta disturbato è la pragmatica, cioè proprio la capacità di utilizzare il linguaggio ai fini della comunicazione.Sappiamo che trasmettere informazioni richiede capacità accurate di codificazione e decodificazione del linguaggio e nella comunicazione quotidiana questo non basta, più che il messaggio assumono rilevanza l’argomento e il senso del messaggio.
Abbiamo elaborato segnali verbali
e non verbali per far comprendere le
nostre intenzioni: usi dell’intonazione, altezza dei suoni , espressioni
corporee. Le persone autistiche mostrano una sostanziale incompetenza nell’uso di questi strumenti di comunicazione, la loro
voce può passare all’improvviso dal bisbiglio
all’urlo, come se non riuscissero a comprendere quale sia il volume
appropriato per raggiungere l’interlocutore , anche la velocità è eccessiva,
tono monotono e cantilenante per cui non viene dato nessun risalto alle parole
chiave. Non c’è comunicazione se non prestiamo attenzione all’intenzioni
dell’interlocutore oltre che al contenuto del messaggio. I bambini autistici
non considerando l’intento comunicativo
appaiono eccessivamente letterali tanto da non comprendere il linguaggio
ironico e spiritoso. La sintomatologia sembra allontanarci dall’idea di
narrazione come pratica di cura per i bambini nella fascia di età 3-10 ma vedremo che non è così.
Il disturbo da deficit di
attenzione /iperattività =ADHD, è
uno dei più comuni disordini di tipo neuropsichico del bambino e
dell’adolescente. Nell’ADHD riconosciamo una sindrome unitaria,resa dalla
presenza non di un singolo sintomo ma di una pluralità di segnali indicativi
del quadro ADHD che convergono contemporaneamente e in modo coeso nella stessa
persona. La sindrome ADHD realizza un connubio di stati dall’inevitabile natura
qualitativa riconducibile all’intreccio congiunto tra i due versanti dell’iperattività e della
disattenzione. La compresenza nel medesimo individuo di iperattività e
disattenzione genera un evento comportamentale proprio, uno stato
qualitativamente diverso dotato di forte
reciprocità e unitarietà, dove la disattenzione è attivata dalla iperattività e
viceversa:
· L’iperattività altera la velocità e la
fluidità dell’agire,quindi i comportamenti automatici determinando un
appesantimento di autoregolazione che genera il mancato controllo
dell’attenzione e dell’adattamento nello spazio e nel tempo.
· La disattenzione altera la velocità e la
fluidità dell’agire, quindi i comportamenti automatici,determinando un
appesantimento di autoregolazione che genera il mancato controllo dei ritmi di reazione e di adattamento nello
spazio e nel tempo.
Se ne deduce che il pensiero narrativo, o
meglio la narrazione in qualsiasi forma la si voglia presentare sia
inconciliabile con tale disturbo, sembrerebbe di si.
Qualsiasi altro deficit di natura
comportamentale o cognitivo come potrebbe trarre beneficio dalla narrazione e
dalla elaborazione del pensiero narrativo?
E’ la domanda guida della osservazione
che prende l’avvio nel Dicembre 2018 presso la scuola dell’infanzia
Mentana di Cremona.
Dagli ultimi dati statistici pubblicati dal MIUIR nell’anno 2017-2018 risulta che gli alunni con disabilità siano in costante crescita ,siamo passati dallo 0,7% del 2010-2011 al 3,2% del 2017-2018. Inoltre l’anagrafe degli studenti con disabilità nel 2018-2019 era di 284mila unità pari al 3,3% con un aumento negli ultimi anni di 91mila unità. Nello specifico, nel 2016-2017 il 25% degli alunni con DSA ha una diagnosi di autismo mentre con percentuali che oscillano tra lo 0,4% e il 3% 30 mila bambini e adolescenti hanno certificato di ADHD senza contare i 30mila bambini con quadri clinici di ogni livello di gravità DSA e BES. E’ facile capire che in ogni scuola , già a partire dal Nido ci sono bambini che hanno difficoltà più o meno gravi di apprendimento o patologie vere e proprie. La domanda ambiziosa a questo punto riguarda quali possano essere gli effetti terapeutici della narrazione nel campo della disabilità nella sua eterogeneità di sindromi e patologie. Ho pensato che non fosse strettamente necessario partire da una precisa ipotesi iniziale , quanto da un piano di osservazione e da un setting narrativo da verificare volta per volta durante gli incontri.
La scelta della scuola dell’ infanzia: Scuola
dell’Infanzia Statale Mentana di Cremona ,situato nel quartiere Zaist uno dei
quartieri più recenti di Cremona con un‘importante presenza di stranieri,
Alla data di inizio della ricerca nel
Dicembre 2018 erano iscritti 52 bambini. Quindi due sezioni con la presenza di due bambini autistici , una non vedente
con diagnosticata cecità bilaterale, alcuni bambini con diagnosi BES e un
bambino in fase di certificazione con patologia comportamentale grave.
Inizio periodo di
osservazione venerdì 7 Dicembre 2018. Si è convenuto con le insegnanti una
scadenza settimanale, ogni venerdì, dei laboratori di lettura. La metodologia
iniziale ha visto una presenza corale dei bambini senza suddivisioni per età o per sezione. Dal
Dicembre 2018 al Dicembre 2019 si sono avvicendati 27 incontri.
I primi laboratori di lettura e narrazione mi hanno visto iniziare la narrazione con dei semplici esercizi di sonorità, vale a dire riproducevo il suono della moto , della macchina di un trattore perfetti per questo i libri di L. Timmers - UOoo! Brumm!, coinvolgendo i bambini in un gioco di riconoscimento anche grazie la libro di Jan Pienkowsky Pronto chi sei?. Il laboratorio prevede sempre la narrazione orale di una fiaba o di un racconto e la lettura di alcuni albi . All’inizio durante la lettura corale la partecipazione è massima, salvo il piccolo ,che chiameremo Paolo, ipercinetico e disturbante che non accetta di stare nel gruppo e di ascoltare.
La scelta dei testi non segue un canovaccio preciso almeno sino a Venerdì 25 gennaio 2019 quando il percorso di lettura è dedicato al lupo. Oppure venerdì 15 febbraio 2019 con il tema della Cacca a seguire venerdì 8 Marzo con i Mostri. Il lupo, rimane uno dei personaggi che attira maggiore interesse sia nella narrazione orale della fiaba Il Lupo e i tre Porcellini sia nella lettura degli albi . Nessuno dichiara di aver paura del lupo ma tutti lo vogliono sconfitto. Ridono delle sue peripezie e avvertono come liberatorio il momento della sua disfatta. Anche quello che Rodari chiamava il periodo “escrementizio “ è sempre molto accattivante, non a caso in una fascia di età dove l’autonomia sfinterica ha degli investimenti latenti e manifesti molto delicati. I mostri sono sempre di moda, è una gara a chi è più mostro di tutti e a chi si dimostra spavaldo e coraggioso. Nella fattispecie non ho utilizzato, lo vedrete nella bibliografia, solo storie di mostri ma albi che si prestano ad una “passerella” dimostrativa di vare specie di mostri inventati o reali. La lettura cosiddetta “dimostrativa” è stata quella che ha permesso un’interazione e un dialogo molto coinvolgente con i bambini e ho ottenuto per la prima volta l’attenzione di Paolo che ha cessato il suo vagare “disturbante “ e si è seduto davanti a me che tenevo in mano il libro per far scorrere le immagini.
A dire il vero c’erano state avvisaglie di un piccolo cambiamento già con la presentazione di due libri pop-up apparentemente privi di qualità narrative come Punto Rosso , Punto Blu di David A.Carter Che suscitano stupore per la loro bellezza ma che non hanno una storia vera e propria da raccontare. Dopo undici incontri è stato un momento emozionante capire di aver suscitato un cambiamento , come constatare incontro dopo incontro che anche per gli altri bambini senza distinzioni il momento delle”storie” era atteso e coinvolgente. Ci sta a questo punto aprire una parentesi sul tipo di Narrazione e Lettura che mi caratterizza. I bambini oggi fin da piccolissimi appartengono a un mondo di immagini , stimoli sensoriali e percettivi di impatto incessante. Usufruiscono passivamente o attivamente della tecnologia e dobbiamo esserne ben consapevoli. I bambini di queste nuove generazioni, i nativi digitali per intenderci, non sono più intelligenti o meno intelligenti dei bambini delle generazioni passate, sono diversamente stimolati e hanno reazioni a stimoli e ad ambienti di apprendimento nuovi diversi rispetto al passato. Per questi bambini la lettura semplice e scadenzata dell’ albo illustrato , con magari la presentazione delle immagini alla fine, non ha fascino e l’attenzione dopo i primi minuti sfuma.
Dopo diversi anni di esperienza posso affermare con sicurezza che per creare “incantamento” occorre creare il “gioco del leggere”. Quindi appropriarsi della storia contenuta nel libro fin nei piccoli particolari , ed interpretarla . Giocare con i diversi personaggi caratterizzandoli con la voce, soffermarsi sulle immagini che sostengono il racconto . E’ sempre la voce lo strumento più potente che crea stupore soprattutto quando ci cimentiamo in una narrazione. Narrare , non è facile , bisogna avere una certa predisposizione all’improvvisazione , all’immaginazione all’identificazione profonda nel “contest” narrativo. La voce da sola deve “creare” il personaggio nelle sue sfaccettature ed è un lavoro che va preparato.
Come vanno adattati e comunque pensate le letture dei Silent Book albi che non hanno un testo ma solo immagini . Ed è dalle immagini che bisogna capire la storia, a volte il formato dell’albo lo penalizza per una lettura corale come per esempio nel Il Bradipo dormiglione oppure di R.Badiel Terre di Mezzo o Ladro di polli di B.Rodriguez Terre di Mezzo . Piccoli albi e con immagini poco vivide, ma altre volte come nel caso del La Gara delle Coccinelle di A.Niclander - Terre di Mezzo, la storia suggerita dalle immagini è così bella che non è necessario scrivere un lungo testo basta far scorrere le illustrazioni in questo caso il formato grande dell’albo lo rende facile. Anche le immagini più belle le illustrazioni d’artista quelle di Marco Somà oppure quella di Rebecca Dautremer o Fabian Negrin, nulla possono in confronto alla voce del narratore. Come un pifferaio magico i bambini la seguono, si lasciano catturare e guidare dentro la storia e non la lasciano più. I cambi di voce e le sonorità sono gli input che hanno “preso” l’interesse di Paolo per esempio costringendolo a guardare che cosa lo aveva colpito, facendolo sedere per la prima volta. La voce del lupo, cupa e minacciosa ha impressionato uno dei bambini con autismo che ha cercato rassicurazione con l’insegnante, ha risvegliato l’interesse di un altro bambino che chiameremo Andrea con grosse difficoltà di apprendimento e ritardo linguaggio e lo ha spinto a cercare di restituire l’emozione provata utilizzando e ripetendo parole di senso compiuto. Venerdì 29 Marzo 2018 introduco due novità, per la prima volta il gruppo di bambini viene diviso nelle due sezioni che si alternano nell’angolo della lettura e con I CINQUE MALFATTI di Beatrice Alemagna Topipittori metto in scena il libro.
Ho costruito i personaggi protagonisti del libro tali e quali a come sono illustrati nell’albo e racconto la storia presentandoli di volta in volta appendendoli a un filo Il finale del racconto è spiazzante e se vogliamo dirla tutta è un albo scritto per bambini di scuola Primaria , ma l’attenzione durante la narrazione è stata costante , prova ne è che alla fine quando è stato chiesto quale dei personaggi era piaciuto di più nessuno si è sottratto alla risposta e tutti hanno saputo fare una scelta , chi a “rimorchio “ degli altri ma molti in maniera autonoma e consapevole. IL gruppo dei bambini si ricompone quando al posto della lettura c’è l’animazione con i Burattini.
Il teatrino di legno con i burattini è una tecnica di animazione rodata da anni di Centri Estivi, tuttavia non è utilizzato per raccontare una storia ma per una gara di Indovinelli dove la presentatrice la mitica Mucca Babette se la deve vedere con un personaggio guastafeste e invadente Il lupo Ezechiele alla ricerca dei TRE Porcellini o di Cappuccetto Rosso. Il lupo interrompe la gara , a volte dà la risposta all’indovinello , somministra martellate al bambino che indovina , insomma fa da mattatore , ed è sempre pronta la risata . Durante l’intrattenimento il coinvolgimento dei bambini è totale Paolo viene dietro il piccolo Teatro per scoprire chi c’è perché il gioco di cambio di voci nella mucca o nel coccodrillo o nel lupo portano il coinvolgimento a un livello di “incantamento” interattivo e molto partecipato, il gioco del Teatrino è utilissimo per consolidare l’attenzione e l’ascolto.
Da settembre 2019 le letture degli albi vengono fatte in due momenti in successione e alla presenta del piccolo gruppo della sezione ,questo ha facilitato soprattutto all’inizio, l’approccio alla lettura e all’ascolto da parte dei bambini in fase di inserimento. L’ascolto delle narrazioni orali e della lettura di Albi avviene sempre frontalmente sia nel piccolo gruppo che nel grande .Secondo l’antropologo Arnold Gehlen “l’uomo è un essere costruito frontalmente “.Fin dalla prima infanzia l’agire umano è costitutivamente orientato alla comunicazione e presuppone un rapporto a due: lo stare di fronte a qualcuno. Tratto caratterizzante di questo legame frontale sono le molteplici forme espressive umane, vocali, facciali essenziali nel processo di alfabetizzazione sociale ed emotiva. Sappiamo bene però che il bambino autistico cerca in tutti i modi di evitare il rapporto frontale con altre persone. I primi segnali di anomalia nell’eye contact sono osservabili a partire dai 15 mesi. Lo sguardo evitante tipico del bambino autistico ha delle ripercussioni negative sulla comunicazione verbale ,per la quale il contatto oculare e gli aspetti frontali delle relazioni interpersonali sono fondamentali. Teniamo presente che la capacità di seguire lo sguardo di un adulto , per esempio, dopo i due anni , diventa una strategia molto ricorrente nei soggetti a sviluppo tipico per apprendere nuovi termini semplicemente osservando su quali oggetto cade l’attenzione di un narratore mentre pronuncia una parola dal significato ancora sconosciuto al bambino.
E’ facile intuire che attività di ascolto di letture e narrazioni siano basilari per la socializzazione del bambino e per la sua alfabetizzazione frontale. L’attività di narrative reading oltre a essere un’attività che cattura l’attenzione frontalmente , modella le capacità cognitive del bambino. Molti studi rendono nota l’efficacia di interventi di creative bibliotherapy per la prevenzione e il trattamento di comportamenti sociali patologici, quali l’aggressività e i disturbi di iperattività e per promuovere nel bambino reazioni di empatia e di aiuto. I risultati delle osservazioni durante i mesi della ricerca incoraggiamo l’adozione di strategia di intervento fondate sulla lettura e sulla narrazione in ambito terapeutico per bambini con difficoltà di linguaggio e di comprensione. La routine quotidiana dovrebbe includere sempre dei laboratori di lettura e di narrazione , nel lungo periodo i risultati sono evidenti. Paolo la cui diagnosi e soprattutto il trattamento terapeutico è stato tempestivo e ad ampio raggio, ha avuto come corollario la possibilità di ascoltare suoni con registri vocali diversi in un contesto ludico e di ascolto frontale. Questo ha fatto si che che prima della fine del periodo di osservazione partiti da una situazione di totale disattenzione e disinteresse egli conquistasse la capacità di fermarsi davanti al narratore per ripetere i suoni e le parole sentite un cambiamento che dà significato e senso a tutte le osservazioni effettuate. Sono fermamente convinta che instaurando una routine quotidiana dedicata alla lettura e alla narrazione bambini che presentano una sindrome di autismo possano sperimentare situazioni di forte impatto emotivo di cui si avvantaggerebbe la loro alfabetizzazione sociale , la loro capacità di identificazione, il linguaggio, l’ascolto, l’attenzione, così per tutti i bambini che presentano disturbi di apprendimento più o meno gravi, inclusi i bambini a cui viene diagnosticata una sindrome ADHD, per quest’ultimi suggerisco una lettura che non superi i 30 minuti , nel piccolo gruppo con Albi che si prestino a una narrazione interpretativa e dimostrativa e favoriscano l’interazione dialogica, i cambi di voce veloci e marcati per i diversi personaggi della storia. Ho osservato che la lettura libera suscita interesse se si lega a un tema che passa attraverso un registro comico , in caso contrario l’attenzione si esaurisce a breve. L’interesse viene catturato da Albi che hanno immagini a tutta pagina con colori vividi pieni e su sfondo bianco, e si deve tener conto anche della dimensione dell’albo nella lettura corale. I silent book devono avere una storia “forte” alle spalle altrimenti si esauriscono nelle immagini.
Preparare percorsi di lettura
offre la possibilità di focalizzare la narrazione su un unico personaggio o
tema è l’ideale se vuole arrivare all’incantamento , ma nel target osservato
vale per pochi argomenti e per pochissimi protagonisti: la cacca, il lupo, la
strega. I libri “ sono educatori silenziosi” secondo Jella Lepman
fondatrice dell’ Internationalen Jugendbbliothek di Monaco e di Ibby, ma le
storie che vi sono racchiuse sono le meravigliose “tane” in cui ognuno può
trovare l’equilibrio del suo mondo.
1. Chi me
l’ha fatta in testa?
2. Pronto chi
sei ?
3. Luce L’oca
4. Il gigante
salterino
5. Zuppa
D’elefante
6. Quei
dannati sette capretti
7. I sette
letti di ghiro
8. Cesare
9. Storia di
un piccolo buco
10. L’orco che
mangiava i bambini
11. La strega
Corna bicorna
12. Nella mente
dei mostri
13. E se..
14. Il libro
senza figure
15. Siamo in un
libro
16. Riccioli
d’oro e i tre orsi -Narrazione orale
17. la mia
prima automobile
18. Biancaneve
e i 77 nani
19. Quando sarò
grande
20. pancia di
Balena
21. Trucas
22. cenerentola
e la scarpetta di pelo
23. La gara
delle Coccinelle
24. Professione
coccodrillo
25. Anche i
lupi cattivi vogliono essere amati
26. Toro
Ferdinando
27. Il circo
del nano e della donna barbuta
28. la grande
fabbrica delle parole
29. Lo
scoiattolo e la luna
30. Il volo di
Osvaldo
31. Il primo
slop
32. Uff!
33. Ti mangio
34. C’è un
rinofante sul tetto
35. Cane nero
36. Passo
davanti
37. Storia di
un topo chiuso in un libro
38. Il libro
arrabbiato
39. La vera
storia dei tre porcellini
40. La pecora
che non aveva paura del lupo
41. Gisella
pipistrella
42. Paolona la
musona
43. A piede
libero
44. Il
venditore di felicità
45. Il Gigante
e Zeralda. Narrazione orale
46. I tre
Briganti- Narrazione orale
47. Pollo e il
lupo tontolone -Narrazione orale
48. Le mutande
di orso bianco
49. Eugenio
Trombetta -Narrazione orale
50. Testa in
giù testa in sù
51. Chissà se
oggi incontrerò il lupo
52. Il lupo che
voleva cambiare colore
53. Sono io il
più bello
54. Sono io il
più furbo
55. In bocca al
lupo
56. Il lupo e
la caverna
57. Un lupo
nella mia stanza
58. E’ solo una
storia di lupi
59. Il
mangiasogni - Narrazione Orale
60. Il lupo la
papera e il topo
61. una tigre
all’ora del The
62. Il fatto è
63. Apri la
gabbia
64. Il mostro
peloso
65. Ma dove
sarà?
66. Il leone e
il topo
67. A tavola!!
68. Attenzione
cacca in arrivo
69. Vuoi essere
mio amico?
70. Un lupo
nella neve
71. Coccole
72. Cacca matta
73. mare matto
-Animazione
74. Il mostro
del sonno
75. Denti di
ferro
76. Vorrei
mangiare un bambino-Narrazione orale
77. I tre
porcellini 2.0 Narrazione orale
78. Un mammut
in frigorifero
79. Sotto il
letto
80. L’orso con
la spada
81. I cinque
Malfatti
82. Ettore
l’uomo straordinariamente forte
83. Cappuccetto
Rosso 2.0 Narrazione orale
84. Ma le
principesse fanno le puzzette?
85. Eravamo in
dieci
86. Dov’è la
mia mamma?
87. Mauro il
tirannosauro
88. I tre
porcellini delle Caverne
89. Nicola Passaguai
90. Punto rosso
91. Punto Blu
92. Il
boschetto
93. 1,2,3 Cacca
94. L’uccellino
fa...
95. Cattivi
come noi
96. Il libro
senza figure
97. I musicanti
di Brema -Narrazione orale
98. Il palazzo
di gelato :Narrazione orale
99. Foto di
gruppo
100. Il
litigio.
101. Capitombolo
102. Gilda
Percorsi di lettura:
IN BOCCA AL LUPO
1,2,3, CACCA
CHI HA PAURA DEL MOSTRO CATTIVO?
Ringrazio per la collaborazione e la disponibilità la Dirigente
dell’Istituto Comprensico 4 Cremona Dott.ssa Barbara. Azzali e le insegnanti
della scuola dell’Infanzia Mentana di Cremona:
Manuela Odelli, Michela Mazzoni, Claudia Bernuzzi Nadia Marchetti,
Federica Sguaita, Tiziana Frega.